Donne cacciatrici
Oggi 8 Marzo è la giornata internazionale della donna. Ogni anno in questo giorno, si parla di ciò che le donne hanno ottenuto in ambito sociale, politico, economico e delle discriminazioni subite, per ricordare l’importanza dell’uguaglianza dei diritti tra i generi.
Non possiamo di certo sapere come siano andate le cose nei tempi antichi, però possiamo dire che siamo passati da una donna che raffigura la divinità della caccia, al presente in cui la donna non è ritenuta “idonea” allo svolgimento di attività venatorie.
In questo giorno vogliamo parlavi, invece, di quelle donne che praticano la caccia in un mondo che in Italia viene ancora visto in gran parte solo in un’ottica prettamente maschile … sarà misoginia?
Oggi, fortunatamente, molte donne si stanno appassionando a questa pratica e risulta quasi ormai scontato vederle cimentarsi in questa attività, mente imbracciano un’arma e si immergono nella natura.
Affrontiamo l’argomento in chiave donna per far sì che tale passione, spesso considerata dall’opinione pubblica come esclusivamente maschile possa invece essere vista sotto una nuova luce.
Contro ogni previsione, ci troviamo in un contesto in netta crescita in cui l’esercizio della caccia al femminile sta letteralmente esplodendo e, come amazzoni dell’era moderna, le donne si stanno avvicinando alla caccia e per di più alla caccia grossa come i loro colleghi uomini.
Una vera e propria emancipazione della virilità!
Se chiedeste ad una donna o una ragazza perché è diventata cacciatrice non aspettatevi chissà quali motivazioni, sarebbero né più né meno quelle che spingono un qualsiasi uomo a diventarlo: una passione tramandata da un genitore, da uno zio o da un nonno.
Perché la donna che pratica attività venatoria, non lo è diventata: fondamentalmente cacciatrici si nasce.
Alla base vi è, senz’ombra di dubbio, un amore smisurato per le sfide, per la natura, per i boschi, per le montagne e per i cani, fedeli compagni di avventure.
Si tratta di donne indipendenti, avventurose e determinate a seguire le proprie passioni e le proprie inclinazioni.
Oltre ai confini del Bel Paese, la concentrazione di cacciatrici è più alta, va detto, però, che quasi quotidianamente le donne sottolineano la loro presenza in tale ambito, confrontandosi su armi e tecniche proprio come accade negli spazi frequentati da uomini.
E quando dopo il pranzo alla casa di caccia arriverà la fine del pasto e il momento della grappa con un brindisi a Diana, non dimenticatevi, che anche se donne, sono pur sempre cacciatrici!
Le Donne Preistoriche Cacciavano Tanto Quanto gli Uomini ed Erano Meglio Adatte a Farlo, dicono gli Scienziati
Le donne preistoriche partecipavano alla caccia tanto quanto gli uomini e, secondo una nuova revisione di studi, la loro anatomia le rendeva persino più adatte a questa attività.
Per decenni, storici e antropologi hanno sostenuto l’idea popolare che gli uomini preistorici fossero i cacciatori, mentre le donne si occupavano della raccolta di cibo all’interno dei gruppi. Anche la cultura popolare ha perpetuato l’immagine degli uomini come cacciatori armati di lance, accompagnati da donne con bambini legati alla schiena e ceste in mano.
Tuttavia, un crescente numero di prove sta suggerendo che molte di queste concezioni sugli uomini e le donne dell’antichità non siano accurate.
Due nuovi studi hanno rivelato che le donne preistoriche non solo partecipavano attivamente alla caccia, ma che la loro anatomia e biologia le rendeva probabilmente più adatte a questa pratica.
Uno degli studi, che ha valutato la fisiologia delle donne preistoriche attraverso i resti fossili, ha suggerito che queste erano in grado di svolgere il faticoso compito fisico della caccia e che erano probabilmente in grado di cacciare con successo “per lunghi periodi di tempo”.
I ricercatori hanno scoperto che il corpo femminile era meglio predisposto per attività di resistenza, che sarebbero state cruciali nella caccia primitiva, dove era necessario far stancare gli animali prima di abbatterli.
Gli scienziati hanno spiegato che gli ormoni estrogeno e adiponectina – presenti in quantità maggiori nel corpo femminile – svolgono un ruolo chiave nel modulare il glucosio e i grassi, aspetti fondamentali per la performance atletica.
Ad esempio, l’estrogeno, che ha un ruolo importante nel metabolismo dei grassi, aiuta le donne a proseguire più a lungo e a ritardare l’affaticamento.
Inoltre, la struttura più ampia dei fianchi permetteva alle donne di ruotare meglio le anche e allungare i passi. “Più lunghi sono i passi, minore è il dispendio energetico e maggiore è la distanza che si può coprire in minor tempo”, hanno spiegato gli scienziati.
“Considerando la fisiologia umana in questo modo, possiamo pensare alle donne come maratonete rispetto agli uomini, che sarebbero più simili a sollevatori di pesi”, ha affermato Cara Ocobock, coautrice dello studio e ricercatrice dell’Università di Notre Dame, negli Stati Uniti.
Studiando i fossili umani antichi, gli scienziati hanno identificato numerose lesioni traumatiche simili a quelle riportate dai clown del rodeo odierni, localizzate principalmente su testa e torace, come se fossero state calciate da un animale.
Hanno scoperto che il tasso e i modelli di queste lesioni erano simili sia per le donne che per gli uomini preistorici. “Pertanto, riscontriamo che sia i maschi che le femmine presentano lo stesso tipo di lesioni nei registri fossili”, ha spiegato la dottoressa Ocobock. “Questo suggerisce che entrambi partecipavano alla caccia in stile imboscata di grandi animali.”
In tempi recenti, i ricercatori hanno anche scoperto i resti di donne cacciatrici vissute circa 9.000 anni fa in Perù, sepolte insieme alle loro armi da caccia. “Di solito non si viene sepolti con qualcosa a meno che non fosse importante o utilizzato frequentemente nella propria vita”, ha aggiunto la dottoressa Ocobock.
Le ricerche indicano inoltre che le donne preistoriche probabilmente non abbandonavano la caccia nemmeno durante la gravidanza, l’allattamento o mentre portavano i bambini.
“Inoltre, non vediamo nel passato remoto alcuna indicazione che esistesse una rigida divisione sessuale del lavoro”, hanno concluso gli scienziati. “Non c’erano abbastanza persone nei gruppi per specializzarsi in compiti diversi. Tutti dovevano essere generalisti per sopravvivere”, ha spiegato la dottoressa Ocobock.
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