Il Ritorno dei Grandi Predatori: Un Confronto tra Svizzera e Italia
Negli ultimi decenni, la Svizzera ha assistito a un fenomeno straordinario: il graduale ritorno di grandi predatori come il lupo, la lince, l’orso e il gatto selvatico, specie che erano praticamente scomparse dal territorio per oltre un secolo.
Questo ritorno è il frutto di politiche di conservazione lungimiranti e di sforzi concertati da parte di organizzazioni come Kora e Pro Natura, che hanno lavorato instancabilmente per ripristinare l’equilibrio naturale delle foreste e delle montagne svizzere. Sebbene avvistare questi animali sia ancora un evento raro, la loro presenza è in costante aumento, segno di un ecosistema che sta lentamente ritrovando il suo equilibrio originario. E’ però importante essere realisti e mantenere una sostenibilità di queste specie sul territorio per evitare che diventino un problema.
La Situazione in Svizzera
In Svizzera, il lupo ha visto una rapida espansione. Se nel 2005 si contavano appena sei esemplari solitari, nel 2022 la popolazione è cresciuta fino a circa 180 individui, distribuiti in 20 branchi, diverse coppie e alcuni solitari, che si estendono dall’Arco alpino al Giura meridionale, e si stanno spingendo anche verso l’Altopiano. La lince, con circa 200 esemplari nelle Prealpi e altri 100 nel Giura, è ormai ben radicata e rappresenta un successo significativo nei programmi di reintroduzione, avviati nel 1971 con esemplari provenienti dai Carpazi. Il gatto selvatico, tornato spontaneamente dalla vicina Francia, si trova principalmente nel Giura, ma la sua popolazione è minacciata dall’ibridazione con i gatti domestici, una sfida complessa da gestire.
L’orso bruno, invece, rimane una presenza più sporadica. Gli avvistamenti si concentrano principalmente nel canton Grigioni, dove alcuni individui isolati, provenienti dall’Italia, si spostano attraverso i parchi transnazionali. Nonostante la loro presenza sia ancora limitata, l’arrivo di questi orsi è un segnale positivo del ripristino degli habitat naturali, anche se non ci si aspetta la formazione di una popolazione stabile a breve termine.
La Situazione in Italia
Anche l’Italia ha assistito a un ritorno significativo di grandi predatori, sebbene con dinamiche diverse. Il lupo, ad esempio, ha recuperato gran parte del suo antico territorio, con una popolazione stimata tra i 1500 e i 2000 individui, distribuiti lungo l’Appennino e le Alpi. Questo recupero è stato facilitato dalla crescente sensibilità ambientale e dalla creazione di parchi nazionali che hanno fornito rifugio sicuro per questi animali. L’orso bruno, reintrodotto in Trentino a partire dagli anni 2000 grazie al progetto Life Ursus, conta oggi circa 90 esemplari. Questi orsi, provenienti dalla Slovenia, si sono adattati bene alle montagne italiane, sebbene la loro convivenza con le attività umane rimanga una questione delicata.
La lince, invece, è presente in Italia con una popolazione molto più ridotta rispetto alla Svizzera, concentrata principalmente nelle Alpi orientali. Questo animale, introdotto anch’esso con progetti di reintroduzione, fatica a espandersi in un territorio frammentato e sottoposto a forti pressioni antropiche.
Le Radici Storiche del Declino
La storia del declino di questi predatori in entrambi i paesi è simile. Durante il Medioevo, la convivenza con animali come il lupo e l’orso era segnata da superstizioni e conflitti. In Svizzera, così come in Italia, queste specie furono oggetto di persecuzioni sistematiche che portarono alla loro quasi totale estinzione. Nel caso dell’orso, l’ultimo avvistamento in Svizzera risale al 1923, mentre in Italia, il lupo era quasi scomparso fino agli anni ’70, quando iniziò un graduale recupero grazie a nuove leggi di protezione.
Le campagne di sterminio furono supportate dalla crescente efficienza delle armi da fuoco e da una pressione culturale che vedeva in questi animali una minaccia per le comunità umane. Ad esempio, nella “Divina Commedia” di Dante, il lupo è simbolo di inganno e pericolo, riflettendo la percezione negativa che la società aveva di questi animali. Anche nelle fiabe popolari, come “Cappuccetto Rosso” o “I tre porcellini”, il lupo è rappresentato come un predatore spietato, un’immagine che ha radici profonde nella cultura europea.
Sfide Moderne e Gestione dei Conflitti
Oggi, il ritorno di questi predatori suscita dibattiti accesi sia in Svizzera che in Italia, soprattutto tra gli allevatori, che vedono in questi animali una minaccia per il bestiame. In Svizzera, la presenza crescente di lupi, linci e orsi ha portato a numerosi casi di predazione su pecore e mucche, alimentando discussioni su come gestire queste specie. Il governo svizzero ha implementato misure di indennizzo per gli allevatori, ma la sfida rimane quella di trovare un equilibrio tra la protezione della fauna selvatica e la tutela delle attività economiche locali.
In Italia, il dibattito è altrettanto intenso, ma le tensioni sono state in parte mitigate da un sistema consolidato di indennizzi e da un impegno crescente nella prevenzione dei danni, come l’uso di cani da guardiania e recinzioni elettriche. Tuttavia, la convivenza rimane difficile, soprattutto nelle aree montane dove le attività agricole sono più vulnerabili.
Nuovi Predatori e Cambiamenti Climatici
Un elemento interessante nel panorama dei predatori in Svizzera è la recente comparsa dello sciacallo dorato, un predatore originario della penisola arabica che si sta lentamente stabilendo anche in Italia. In Svizzera, questo animale è stato avvistato per la prima volta nel 2011, e la sua presenza riflette l’adattamento degli ecosistemi alle nuove condizioni ambientali, influenzate anche dal cambiamento climatico. Lo sciacallo dorato rappresenta un nuovo elemento nella dinamica degli ecosistemi locali e la sua diffusione sarà un aspetto da monitorare attentamente nei prossimi anni.
Sia in Svizzera che in Italia, la gestione dei grandi predatori si basa sempre più su dati scientifici piuttosto che su vecchie superstizioni. Tuttavia, la sfida principale rimane quella di conciliare la protezione della biodiversità con le esigenze delle comunità locali. La cooperazione transfrontaliera, la sensibilizzazione del pubblico e l’adozione di misure preventive sono strumenti cruciali per garantire che il ritorno di questi maestosi animali avvenga in un contesto di coesistenza sostenibile. In questo senso, entrambi i paesi possono trarre insegnamenti l’uno dall’altro, rafforzando così le loro politiche di conservazione e gestione della fauna selvatica.
La Lungimiranza Svizzera e l’Ottusità Italiana nella Gestione del Lupo: Un Confronto Necessario
Mentre in Italia le autorità sembrano paralizzate, incapaci di prendere decisioni efficaci sulla gestione della popolazione di lupi per non scontentare le associazioni e le lobby ambientaliste, in Svizzera si sta adottando un approccio decisamente più pragmatico e lungimirante. Nel Cantone dei Grigioni, infatti, a partire dal prossimo autunno, i cacciatori potranno finalmente mirare anche ai lupi durante la stagione ufficiale di caccia, a determinate condizioni. Questa decisione rappresenta un passo importante per il controllo della popolazione di questi predatori, dimostrando come la Svizzera sappia affrontare la situazione con un approccio razionale e proattivo.
Il Cantone dei Grigioni ha deciso di coinvolgere i cacciatori nella regolazione degli effettivi di lupo, ma con precisi limiti e obiettivi. L’intervento dei cacciatori sarà infatti autorizzato solo se sarà necessario eliminare un intero branco, un’azione che avverrà sotto la supervisione delle autorità competenti. Inoltre, sarà possibile sparare solo a esemplari giovani, e i cacciatori dovranno partecipare a una serata di formazione obbligatoria per ottenere il permesso di cacciare questi animali. Questo approccio dimostra un’attenta pianificazione e un forte impegno a mantenere l’equilibrio tra la conservazione della specie e la protezione degli interessi delle comunità locali.
In Italia, al contrario, la situazione sembra essere sfuggita di mano. Le autorità italiane, troppo preoccupate di non scontentare le associazioni ambientaliste, hanno lasciato che la popolazione di lupi crescesse senza controllo, portando a un aumento degli attacchi al bestiame e a crescenti tensioni con gli allevatori. Invece di prendere in mano la situazione e attuare una regolamentazione sensata, le istituzioni italiane si sono ritirate, lasciando che la situazione degenerasse. Questa mancanza di azione non solo mina la fiducia nelle istituzioni, ma rischia anche di compromettere seriamente l’equilibrio tra uomo e natura in molte aree rurali del paese.
Il caso del Cantone dei Grigioni, che già in passato ha tentato di regolare la popolazione di lupi attraverso una “caccia speciale” tra dicembre 2023 e gennaio 2024, offre un ulteriore esempio di come la Svizzera affronti questi problemi con serietà. Sebbene durante quella stagione nessuno dei 435 cacciatori coinvolti sia riuscito ad abbattere un lupo, a causa delle condizioni meteorologiche sfavorevoli e dei ricorsi presentati dalle organizzazioni ambientaliste, il Cantone non ha abbandonato il suo obiettivo. La decisione di includere il lupo nella stagione venatoria autunnale rappresenta un test per valutare l’efficacia di questo metodo di controllo, dimostrando ancora una volta la volontà di trovare soluzioni concrete e praticabili.
In Italia, invece, le discussioni sembrano rimanere bloccate in un eterno dibattito, senza che si arrivi mai a una decisione concreta. Questa incapacità di agire sta portando a una situazione sempre più insostenibile, in cui la proliferazione incontrollata dei lupi minaccia non solo le attività economiche legate all’allevamento, ma anche la sicurezza delle comunità rurali.
Mentre la Svizzera si dimostra capace di bilanciare conservazione e gestione attiva delle popolazioni di predatori, l’Italia sembra restare intrappolata in una logica di immobilismo, dove il timore di scontentare le lobby ambientaliste prevale sulla necessità di affrontare i problemi in modo pragmatico. Questo confronto mette in luce la necessità, per l’Italia, di adottare un approccio più risoluto e scientificamente fondato, seguendo l’esempio svizzero per garantire un futuro sostenibile sia per la fauna selvatica che per le comunità umane.
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