Le differenze tra caccia di selezione, trofeo e controllo

Published On: 30 Maggio 2025
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Nel mondo venatorio, non tutte le forme di caccia rispondono alle stesse logiche o obiettivi.

Esistono approcci profondamente diversi alla pratica venatoria, ciascuno con obiettivi, strumenti e finalità che rispondono a precise esigenze ambientali, gestionali, normative ed etiche. La caccia, oggi, non è più solo una tradizione o una passione personale: è una vera e propria attività di gestione del territorio e della fauna selvatica. Ciò comporta la necessità di applicare criteri scientifici, strategie selettive e responsabilità nella scelta dei soggetti da prelevare, sempre nel rispetto degli equilibri ecosistemici.

le forme di caccia

Tra le principali forme regolamentate e operative si distinguono tre categorie fondamentali, che spesso vengono confuse o assimilate a causa della scarsa informazione generale: la caccia di selezione, la caccia al trofeo e la caccia di controllo. Ognuna di queste tipologie ha caratteristiche tecniche ben definite, presupposti gestionali diversi e impatti differenti sull’ambiente e sulle popolazioni faunistiche. Comprendere in modo approfondito tali differenze, così come le motivazioni e le implicazioni pratiche ed etiche che le sottendono, è essenziale per ogni cacciatore moderno, consapevole e desideroso di operare nel rispetto della legge e della natura.

1. Caccia di Selezione: gestione, equilibrio e futuro

La caccia di selezione è una forma altamente regolamentata di prelievo faunistico che ha lo scopo principale di mantenere l’equilibrio ecologico all’interno di un habitat, migliorando la qualità genetica delle popolazioni animali. Non si tratta semplicemente di abbattere un animale, ma di selezionare attentamente individui che, per caratteristiche morfologiche, sanità o età, non contribuiscono positivamente alla dinamica della specie.

Obiettivi:

Controllo della densità di popolazione per evitare sovrappopolamenti.

Miglioramento genetico mediante la rimozione di soggetti deboli, malformati o anziani.

Conservazione della biodiversità e prevenzione di danni a colture o habitat sensibili.

Caratteristiche tecniche:

Richiede un piano di gestione faunistica approvato dagli enti competenti.

Il cacciatore agisce su individui prestabiliti, con valutazioni biometriche e anagrafiche.

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L’uso di ottiche di precisione, strumenti per il riconoscimento e la valutazione a distanza è essenziale.

Spesso praticata da altane o in appostamento, con tiri precisi e responsabili.

La caccia di selezione è una delle attività venatorie più complesse sotto il profilo tecnico ed etico, ed è considerata un tassello fondamentale della gestione faunistica moderna.

2. Caccia al Trofeo: etica, estetica e tradizione

La caccia al trofeo, spesso oggetto di fraintendimenti e polemiche, è invece orientata alla ricerca di esemplari eccezionali, solitamente maschi adulti con caratteristiche morfologiche di grande sviluppo. In molti casi, queste attività sono regolamentate e compatibili con obiettivi di conservazione e gestione della fauna.

Obiettivi:

Prelievo di maschi maturi a fine ciclo riproduttivo, per evitare squilibri genetici.

Sostegno economico alla conservazione della fauna selvatica attraverso la valorizzazione venatoria.

Mantenimento di una tradizione culturale legata al rispetto dell’animale e alla sfida personale.

Caratteristiche tecniche:

Richiede valutazioni accurate dell’età e della morfologia dell’animale prima dello sparo.

Necessita di un elevato livello di conoscenza dell’etologia e delle dinamiche sociali della specie.

Due stambecchi si affrontano a colpi di corna

Comporta preparazione fisica e logistica, in ambienti talvolta estremi (montagna, foreste remote).

Il trofeo (corna, zanne, palchi) viene spesso misurato e certificato secondo standard internazionali (CIC, SCI).

Contrariamente a quanto si pensa, la caccia al trofeo non implica la ricerca del più bello a ogni costo, ma l’abbattimento consapevole di soggetti che hanno già lasciato un’eredità genetica e sono destinati alla fine naturale del ciclo vitale.

3. Caccia di Controllo: emergenza, contenimento, priorità pubblica

La caccia di controllo ha finalità diverse rispetto alle precedenti: è una forma di intervento straordinario autorizzato per contenere specie che, per sovrannumero o introduzione non controllata, creano danni a colture, ecosistemi o rappresentano un pericolo per la sicurezza pubblica.

Obiettivi:

Riduzione della pressione esercitata da specie problematiche (cinghiale, nutria, corvidi).

Tutela di attività agricole, forestali e infrastrutture.

Prevenzione di incidenti stradali o disequilibri sanitari (es. peste suina, aviaria).

Caratteristiche tecniche:

Può essere praticata fuori dal calendario venatorio, con deroghe specifiche.

Spesso condotta in collaborazione con forze dell’ordine, enti locali o guardie venatorie.

nutria

Non sempre rispetta criteri selettivi: l’obiettivo è il contenimento numerico rapido.

Implica uso intensivo di tecnologie (fototrappole, visori notturni, armi con soppressori di suono).

La caccia di controllo non è un’attività sportiva o ricreativa, ma uno strumento tecnico-gestionale al servizio dell’interesse pubblico e dell’equilibrio ambientale.

Considerazioni finali: il cacciatore come gestore consapevole

Queste tre forme di attività venatoria, pur diverse tra loro, rappresentano aspetti complementari della relazione tra uomo e natura. La caccia di selezione privilegia la responsabilità e la lungimiranza gestionale. La caccia al trofeo esprime una visione estetica, culturale e spirituale dell’atto venatorio. La caccia di controllo risponde a necessità urgenti, spesso al di fuori della passione individuale.

Un cacciatore esperto dovrebbe conoscere a fondo queste differenze e saper adattare il proprio approccio alle condizioni ambientali, agli obiettivi gestionali e alle normative vigenti. Perché essere cacciatori, oggi, significa soprattutto essere custodi consapevoli della natura.

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Foto: Cortesia Antonio Bana

La gestione del capriolo nella riserva La Montefeltro di Rivergaro: passione, equilibrio, rispetto. Nelle colline morbide e silenziose che circondano Rivergaro, tra boschi di roverella, prati naturali e campi coltivati, la riserva venatoria La Montefeltro porta avanti da anni una filosofia venatoria basata sulla conoscenza, sulla responsabilità e sull’amore autentico per la fauna selvatica. Al centro di questa visione, si colloca la gestione del capriolo: non una semplice opportunità di caccia, ma un vero impegno a custodire e proteggere una delle specie più eleganti e sensibili del nostro territorio.

Gestire il capriolo significa, innanzitutto, conoscerlo. Ogni stagione, l’attività inizia molto prima del periodo di prelievo. Si osservano i territori frequentati, si studiano i branchi, si monitorano gli individui con meticolosità. Vengono valutati età, condizioni fisiche, comportamento e caratteristiche genetiche. La riserva ha fatto della selezione un atto di cura: intervenire solo dove necessario, solo quando l’equilibrio della popolazione lo richiede.

Il prelievo selettivo, infatti, è solo la fase finale di un lungo lavoro di gestione. L’obiettivo non è mai numerico, ma qualitativo: mantenere una popolazione sana, ben distribuita e in armonia con l’habitat. Gli individui scelti per il prelievo sono spesso capi malati, anziani o con malformazioni, la cui presenza rischierebbe di compromettere la vitalità genetica dell’intera popolazione. Nessun abbattimento è lasciato al caso: ogni decisione è guidata da un piano di gestione faunistica approvato, e da un profondo senso etico.

capriolo

A rendere tutto questo possibile è la passione del team Montefeltro: guide esperte, professionisti che ogni giorno percorrono i sentieri della riserva, conoscono i territori di ciascun maschio dominante, ricordano dove ha partorito ogni femmina, e sanno riconoscere un buon futuro riproduttore da un soggetto in declino. Il loro lavoro è discreto, costante, spesso invisibile. Ma è grazie a loro che la caccia di selezione al capriolo si svolge con precisione, rispetto e consapevolezza.

La caccia, quando arriva il momento giusto, è sobria, silenziosa. Si pratica da altana o in appostamento, con tiri precisi e responsabili, usando carabine moderne e ottiche ad alta definizione, spesso messe a disposizione dalla stessa riserva. Ogni momento è vissuto con la concentrazione e la serietà che questa attività merita. Nulla viene sprecato, nulla è lasciato all’improvvisazione.

Quella che si vive a Rivergaro è un’esperienza venatoria profonda e completa, dove il capriolo è al centro non solo come selvatico da prelevare, ma come protagonista di un sistema complesso, delicato, che va custodito con dedizione. È la caccia nella sua forma più nobile: quella che nasce dalla conoscenza e si nutre di passione.

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