Caccia allo stambecco: il re delle montagne del Vecchio Mondo

Published On: 18 Maggio 2025
Caccia allo stambecco: re delle montagne del Vecchio Mondo

Lo stambecco è una delle più affascinanti creature alpine, simbolo della resistenza e dell’eleganza selvatica.

Appartenente al genere Capra ibex, è una specie di capra selvatica che ha colonizzato con successo i rilievi più alti d’Europa e dell’Asia centrale. Vive e prospera dove pochi altri animali osano: su pendii rocciosi, pareti verticali e crinali impervi, adattandosi a condizioni estreme con un’agilità sorprendente e un istinto di sopravvivenza straordinario.

Oltre alle Alpi, dove si trova lo stambecco alpino (Capra ibex ibex), esistono altre sottospecie distribuite in diverse aree montuose del mondo antico:

  • Il Nubian ibex (Capra nubiana), in Medio Oriente e Nord Africa
  • Il Siberian ibex (Capra sibirica), nelle montagne dell’Asia centrale (Kazakistan, Mongolia, Kirghizistan)
  • Il Turkestan ibex, cacciabile in Tagikistan e Uzbekistan
  • Lo stambecco dell’Etiopia (Walia ibex), endemico e protetto

Molte di queste sottospecie sono oggetto di caccia regolamentata in programmi di gestione sostenibile, dove l’attività venatoria è parte integrante della conservazione, contribuendo economicamente al monitoraggio e alla protezione degli habitat.

Lo stambecco

Tra le destinazioni più apprezzate dai cacciatori europei vi è anche la Spagna, dove si possono cacciare ben quattro sottospecie di stambecco iberico (Capra pyrenaica): il Gredos, il Beceite, il Sierra Nevada e il Ronda. Ciascuno di essi presenta caratteristiche morfologiche distinte, soprattutto nella forma e nella curvatura delle corna. La caccia allo stambecco in Spagna si svolge in ambienti selvaggi, tra boschi mediterranei e cime rocciose, e offre un’esperienza tecnica e visivamente straordinaria.

Un’altra destinazione affascinante è l’Iran, patria dello stambecco persiano (Capra aegagrus). In Iran la caccia è autorizzata solo in alcune aree controllate, e viene praticata secondo un rigido sistema di quote. I paesaggi sono aspri e suggestivi, dalle montagne dell’Alborz ai deserti punteggiati da rilievi scoscesi, dove la tradizione venatoria è ancora oggi profondamente radicata. in programmi di gestione sostenibile, dove l’attività venatoria è parte integrante della conservazione, contribuendo economicamente al monitoraggio e alla protezione degli habitat.

In questo articolo ci concentriamo in particolare sullo stambecco delle Alpi, protagonista indiscusso delle alte quote tra Austria e Svizzera.

Lo stambecco delle Alpi: sovrano delle cime e simbolo di resilienza

Nelle alte vette dove l’aria si fa sottile e la roccia incontra il cielo, vive uno degli animali più iconici dell’arco alpino: lo stambecco (Capra ibex). Con le sue corna possenti, la silhouette fiera e la padronanza assoluta dei versanti più impervi, lo stambecco è da secoli simbolo di forza, adattamento e bellezza selvatica.

Lo stambecco è presente in diverse regioni delle Alpi, ma le sue popolazioni più storiche si trovano in Svizzera e Austria, dove è oggi oggetto di una gestione conservativa accurata. Vive oltre i 2.000 metri di altitudine, tra ghiacciai, creste rocciose e pascoli alpini, dove si muove con sorprendente agilità anche su pendenze estreme.

I maschi adulti si distinguono per le corna lunghe e arcuate, che possono superare i 90 cm, segnate da anelli che raccontano la loro età. Il manto varia dal grigio chiaro al marrone scuro e si infoltisce nei mesi invernali per resistere al freddo rigido. Sono animali gregari, che vivono in branchi separati per sesso per gran parte dell’anno.

La caccia allo stambecco in Austria e Svizzera

Tra le pareti vertiginose delle Alpi e i silenzi profondi delle valli d’alta quota, vive uno degli animali più iconici e affascinanti della fauna europea: lo stambecco alpino. Fiero, agile, testardo e resiliente, è diventato nel tempo il simbolo stesso della montagna selvaggia, indomabile e pura. Cacciarlo non è solo una prova tecnica: è un rito antico, che unisce spirito, fatica e rispetto. In Austria e Svizzera, due Paesi dalla tradizione venatoria radicata e rigorosa, questa forma di caccia è regolamentata con precisione quasi chirurgica e vissuta come un atto di selezione etica, oltre che di straordinaria bellezza.

Un equilibrio millimetrico: la gestione faunistica tra le vette

Sia in Austria che in Svizzera, la gestione dello stambecco è affidata a enti statali o cantonali, che lavorano in stretta sinergia con biologi, guardiacaccia e amministratori locali. Ogni anno viene redatto un piano di abbattimento selettivo, con numeri ben definiti, basati su censimenti accurati che valutano densità, struttura della popolazione, impatti ambientali e condizioni climatiche.

Un equilibrio millimetrico

Le autorizzazioni sono estremamente limitate e vengono rilasciate solo in aree dove la presenza dello stambecco è stabile, abbondante e sostenibile. In Svizzera, in particolare, molti permessi vengono assegnati attraverso sorteggi o aste pubbliche, il cui ricavato va a finanziare i parchi naturali e i progetti di tutela dell’ecosistema alpino. Un meccanismo virtuoso che rende questa caccia parte attiva nella conservazione.

Una caccia dura, per cacciatori veri

Chi partecipa a una battuta di caccia allo stambecco sa di doversi misurare con condizioni ambientali spesso estreme. Gli avvistamenti avvengono generalmente oltre i 2.000-2.500 metri di altitudine, in ambienti rocciosi, severi e inaccessibili, dove la fatica dell’ascesa si fonde con la concentrazione dell’avvistamento e l’adrenalina del tiro.

caccia allo stambecco

Si parte spesso prima dell’alba, con zaino tecnico, ottiche di alta precisione, abbigliamento multistrato e scarponi in grado di affrontare ogni tipo di terreno. Al fianco del cacciatore, guide alpine esperte, spesso guardiacaccia in pensione o selecontrollori locali, che conoscono alla perfezione le abitudini dei branchi, i punti di sosta preferiti, le linee di movimento e persino i venti delle vette.

L’approccio non è mai invasivo. L’osservazione, il tempo, la pazienza sono strumenti tanto essenziali quanto il fucile. Perché lo stambecco non si cerca: si aspetta. Con il cuore in silenzio, gli occhi al binocolo e la mente ferma.

Etica, selezione e precisione

Il momento del tiro è sempre il culmine di un lungo processo di selezione e valutazione. Si privilegiano soggetti anziani, spesso maschi dominanti al termine della loro vita riproduttiva. Questo permette di rinnovare la popolazione senza alterarne l’equilibrio e valorizza la figura del cacciatore come selettore, non predatore.

Stambecco con faccia buffa

Il tiro avviene quasi sempre a distanze significative – tra i 200 e i 350 metri – e richiede attrezzature di alto livello, ottiche affidabili, calibri adeguati e una conoscenza approfondita della balistica in quota. Ma soprattutto, è richiesto controllo emotivo, rispetto per l’animale, e una responsabilità che va ben oltre il gesto tecnico.

Lo stambecco, con il suo portamento regale e la sua indole solitaria, merita un colpo perfetto. Il margine d’errore è minimo, e l’etica venatoria impone che il capo venga abbattuto nel modo più pulito, veloce e indolore possibile.

Il fascino di un trofeo che racconta una storia

Riuscire ad abbattere uno stambecco non è mai scontato. Spesso, al termine di giornate intere passate tra pietraie e nebbie mutevoli, si torna a valle senza aver sparato un colpo. Ma anche questo fa parte del gioco. Perché chi caccia in montagna sa che il valore non è nel prelievo, ma nell’aver vissuto quella fatica, quel silenzio, quell’attimo sospeso in cui natura e uomo si osservano da vicino.

Molti stambecchi scendono a valle in primavera per trovare l’erba migliore.

Il trofeo di uno stambecco non è un semplice corno da esporre. È la sintesi di una storia, un ricordo tangibile di un’esperienza vissuta con profondità. In Austria, il trofeo viene spesso registrato con misurazione ufficiale CIC e inserito nei registri venatori locali. In Svizzera, si accompagna spesso a un certificato che ne attesta origine e regolarità.

Quando e dove: il calendario della caccia

La stagione di caccia varia in base alle regioni e ai regolamenti locali. Generalmente si colloca tra fine agosto e novembre, con un picco di attività nei mesi di ottobre e novembre, quando i maschi iniziano a muoversi di più per cercare le femmine e si rendono più osservabili.

Le zone più rinomate includono il Canton Vallese, il Canton Grigioni e il Bernese in Svizzera, e le regioni del Tirolo e del Salisburghese in Austria, dove la caccia è profondamente legata alla cultura alpina e alla valorizzazione del territorio.

Un’esperienza unica tra bellezza e silenzio

Cacciare lo stambecco non è solo ottenere un trofeo: è immergersi in un paesaggio primordiale, fatto di vento, silenzio e vertigine. Significa confrontarsi con i propri limiti fisici e con la pazienza necessaria per aspettare, osservare, decidere. Il momento del tiro non è mai improvvisato: è il risultato di ore di salita, di studio, di sguardi incrociati da lontano.

Due stambecchi si affrontano a colpi di corna

La caccia allo stambecco è, per molti, un ritorno all’essenza della montagna. È un privilegio concesso solo a chi sa accettare le regole dell’altitudine e la filosofia della caccia selettiva.

Lo stambecco fu a un passo dall’estinzione nel XIX secolo, salvato solo grazie ai primi sforzi di conservazione intrapresi in Svizzera e in Piemonte. Oggi, grazie ai piani di tutela e reintroduzione, le popolazioni sono in buono stato, ma la sua caccia resta limitata a pochi esemplari ogni anno.

Perché proibire la caccia allo stambecco in Italia è un errore per la conservazione della specie

Lo stambecco delle Alpi è una delle più grandi storie di successo della conservazione in Europa. Estinto nella maggior parte del suo areale tra il XVIII e il XIX secolo, è sopravvissuto solo grazie a un piccolo nucleo nella zona del Gran Paradiso, in Piemonte. Da lì, con grande sforzo umano, è stato reintrodotto in numerose aree alpine in Svizzera, Austria, Francia e Italia. Oggi, dopo oltre un secolo, lo stambecco non è più in pericolo immediato di estinzione, ma la sua protezione assoluta in Italia è diventata controproducente.

Una genetica impoverita

Tutti gli stambecchi presenti oggi sulle Alpi italiane derivano da pochissimi individui fondatori. La conseguenza? Una variabilità genetica estremamente bassa, che rende le popolazioni vulnerabili a malattie, cambiamenti ambientali e problemi riproduttivi. In Svizzera, Austria e Francia, dove la caccia selettiva è consentita e regolamentata, i programmi di gestione includono anche monitoraggi genetici e azioni di rinforzo mirate.

Lo stambecco delle Alpi

In Italia, al contrario, il divieto totale di caccia impedisce di intervenire efficacemente anche in presenza di sovrappopolazione o degenerazione genetica. Un approccio ideologico che rischia di minare proprio quella biodiversità che si vuole proteggere.

Conservazione attiva contro protezione passiva

Cacciare non significa distruggere: significa gestire. In molte aree alpine europee, la caccia selettiva allo stambecco è parte integrante della strategia conservativa. Permette di:

  • Ridurre la competizione tra maschi dominanti e animali vecchi o deboli;
  • Controllare l’impatto della specie su habitat sensibili;
  • Raccogliere dati biologici fondamentali (peso, età, stato di salute);
  • Coinvolgere economicamente i territori montani, creando risorse per la vigilanza e la ricerca scientifica.

Negare tutto questo in nome di una protezione assoluta significa privarsi di uno strumento prezioso per la tutela reale dello stambecco.

Il paradosso italiano

In Italia, paradossalmente, alcune popolazioni di stambecco sono sovrabbondanti e creano squilibri ecologici, ma non possono essere gestite. In Valle d’Aosta, ad esempio, i progetti di contenimento sono stati bloccati da ricorsi giuridici, nonostante i pareri positivi degli scienziati e delle autorità ambientali. La mancata gestione crea tensioni con gli agricoltori, deteriora gli equilibri ecosistemici e vanifica gli sforzi di decenni.

caccia allo stambecco in Italia

Un’occasione per l’Italia: la caccia come strumento di tutela

Introdurre la caccia selettiva e regolamentata allo stambecco anche in Italia, come già avviene nei paesi alpini limitrofi, permetterebbe di:

  • Rafforzare la salute genetica della specie;
  • Migliorare la qualità degli habitat;
  • Integrare la conservazione con lo sviluppo locale e il turismo venatorio;
  • Promuovere una cultura della caccia responsabile, etica e scientificamente fondata.

Non si protegge una specie congelandola. Si protegge una specie gestendola con intelligenza, dati e visione a lungo termine.

Rendere la caccia allo stambecco uno strumento di tutela attiva, in Italia, non è solo possibile: è necessario.

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