L’amore per la caccia
Chi non conosce la caccia non sa quanto sia profondo e innato l’amore per essa e non sa come esso scateni un’attrazione misteriosa in tutti coloro che la praticano.
Nel mese dell’amore, abbiamo chiesto ai ragazzi dello staff Montefeltro cosa amano di più della caccia.
Ecco cosa ci hanno risposto:
Carlo ama osservare il comportamento degli animali
Perché amo la caccia?
Le risposte sono molteplici, ma l’aspetto che più mi piace e affascina è l’opportunità di conoscere il comportamento degli animali(anche di quelli non cacciabili) in tutta la sua completezza. Caccio sia con il cane da ferma, sia gli ungulati.
Il cane fa da tramite tra il cacciatore e gli animali e grazie al cane puoi conoscere e capire gli spostamenti, le zone di pastura, come si difendono, cosa e dove mangiano.
Durante la caccia agli ungulati invece, hai la possibilità di osservare tutti i tipi di animali che popolano i boschi e i campi e i loro comportamenti (forse meglio che con il cane che suo malgrado crea comunque disturbo nella zona che frequentiamo a caccia).
Se proviamo ad avvicinarci all’ambiente che ci circonda non come semplici predatori, ma come osservatori, scopriremo un mondo che nasconde tantissime cose da osservare, da scoprire e da amare.
Ecco perché amo la caccia.
Enrico ama i suoi cani
Amare, una parola importante, dal significato profondo.
Da buon cinofilo per me amare la caccia va di pari passo con l’amare i cani, in particolare quelli da caccia e nello specifico i setter inglesi.
I miei 6 setter inglesi (Sestri, Demon, Dino, Eto, Fauniera e Kester) hanno ognuno il proprio carattere e una propria personalità. Amo interagire con loro, e crescendoli fin da cuccioli instauro con loro un legame indissolubile.
Mi basta uno sguardo per capire se va tutto bene, se sono in salute, e dal loro comportamento capisco tutto.
Con ognuno di loro ho vissuto momenti unici in giro per il mondo, indimenticabile quello con Farin.
Farin del Meschio, un grande incontrista, amava la caccia profondamente ed era nato per cacciare! E per mia fortuna Farin divenne un grande cane da beccacce.
In Crimea, a Montagna Fredda, persi il collegamento satellitare con Farin.
Sapevo che non l’avrei perso perché Farin era un setter collegato e morbosamente affezionato a me! Ma non sapere dove si trovasse mi consumava dentro.
Mi fermai per uno spuntinoma il pensiero era fisso a lui: dove sarà finito?
Decido di muovermi per intercettare il cane. Con me ci sono 2 clienti cacciatori che vista la mia apprensione si uniscono nella ricerca di Farin.
Mi portai proprio dove vidi l’ultima volta Farin, schiacciando nuovamente il tasto ricerca del gps e per incanto si ricollegò con il collare di Fari: era fermo a 350 metri. Tornai alla jeep, presi il fucile e mi diressi seguendo le indicazioni del GPS.
Pochi istanti dopo ero vicino a Farin che era fermo in stupenda postura. Notai le penne bianche della coda di una beccaccia, che apriva e chiudeva come a disegnare una corona.
Era proprio lei, sua maestà la regina che aveva tenuto inchiodato per così tanto tempo Farin in catalessi totale.
Si involò dopo poco, aspettai il momento più opportuno e di prima canna presi quella beccaccia che Farin prontamente mi riportò in mano.
Questo è il motivo per cui amo la caccia.
Amo la caccia perché amplifica le emozioni che vivo con i miei cani.
Andrea ama il contatto con la natura
Quando un cacciatore afferma che è la voglia di essere in contatto con la natura il motivo che lo spinge a cacciare, sta sostenendo una verità assoluta, percepita il più delle volte come una risposta scontata e ripetuta in assenza di altre argomentazioni.
In effetti può sembrarlo se ci limitassimo al concetto di contatto fisico: è evidente che il bosco, così come le praterie di montagna e gli specchi d’acqua siano dei luoghi frequentati per poter svolgere l’attività venatoria.
Ma questo contatto è lo stesso che insatura ciascuno di noi, cacciatore o no, quando decide di uscire di casa per una passeggiata: si immerge nell’ambiente, nella natura, gode dei suoi benefici e ne ammira le sue bellezze.
Ma andiamo oltre, mi piace pensare che nella risposta concisa di un cacciatore ci sia qualcosa più grande di un semplice “stato in luogo”: un cavillo che da spettatori passivi ci trasformi in fruitori attivi.
A questo punto “essere in contatto con la natura” diventa una questione di empatia, relazione e responsabilità. Quello che si crea è un vero e proprio rapporto fatto di conoscenza e di rispetto che va ben oltre la fisicità del “sostarci per qualche ora”.
La stagionalità e lo studio dei cicli vitali, per esempio, sono concetti quasi ridicolizzati in un mondo in cui è possibile mangiare le fragole a Natale e far crescere un pollo estrogenato in due mesi: “essere in contatto con la natura” significa prima di tutto rispettarne i tempi, le modalità e gli equilibri.
Le stesse leggi venatorie sono costruite con questo scopo e ogni cacciatore è quindi obbligato ad agire secondo questi principi più di chiunque altro. Il conoscere luoghi e periodi di nidificazione, di riproduzione e di svernamento rende un cacciatore in vero “contatto con la natura”.
L’essere consapevoli di far parte di questo grande ecosistema è infine la premessa imprescindibile per poterne “entrare in contatto”. Ad ogni azione dell’uomo corrisponde infatti una reazione dell’ambiente e diventa indispensabile conoscerla.
Così come è indispensabile sapere che ad alte densità di animali corrispondono alte probabilità di epidemie.
In conclusione: entrare in contatto con la natura diventa sinonimo di studio e conoscenza.
La caccia dura tre mesi l’anno ma costringe chiunque voglia praticarla a rimanere “in natura” per i restanti nove. Ecco perché amo la caccia 365 giorni all’anno.
Luca ama viaggiare
Amo la caccia e la natura, vivendole entrambe in maniera totalizzante e unendo a ciò la passione per il viaggio, sono andato negli anni alla scoperta di luoghi, persone e fauna in giro per il mondo.
Io viaggio per la stessa ragione del viaggio: viaggiare. Ma la mia dromomania, l’impulso irrefrenabile che spinge a spostarsi da un posto all’altro, la “malattia” tipica dei nomadi, diviene desiderio di esperienza venatoria a sublimare le mie due anime, quella di viaggiatore, appunto, e quella di cacciatore.
La fatica delle lunghe ore in aereo, in treno o in auto scompare di fronte agli scenari che il viaggio mette di fronte: le catene montuose più alte del mondo, le foreste pluviali intricate, il bush africano, i deserti di roccia e gli umidi boschi di betulla del grande Nord.
Il confronto con culture diverse, anche dal punto di vista venatorio, diviene lo stimolo per partire, per approfondire conoscenze e assorbire usi e costumi lontani, trasformandosi in materia su cui riflettere e arricchire il proprio bagaglio culturale.
Dunque, la traccia sull’elefante, l’inseguimento di un Dagga Boy, l’avvicinamento a un ibex o a una marco polo divengono scuola di vita, ampliando gli orizzonti di una passione che diversamente resterebbe solo chiusa fra le pareti di casa.
Io viaggio per sentire mia la nebbiolina sul Fiume Rufiji tanto quanto sento mia quella sulle pianure di casa, per guadare con lo stesso passo con cui attraverso i fossi nostrani il fiume Save e per sentire mio patrimonio anche il profumo degli alberi di mango o del latte di yak.
“E farò un sogno di mare e domani un fuoco di legna perché l’aria azzurra diventi casa.”
Qualunque sia il motivo per cui tu ami la caccia e se vuoi vivere le emozioni che ti regala insieme a Montefeltro, scopri i nostri programmi!
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