Mozambico: tra i papiri e i canneti dello Zambesi 

Published On: 9 Giugno 2021
caccia mozambico

Sul delta del fiume Zambesi, in Mozambico, i branchi di bufali si insidiano fra papiri, canneti e ninfee.

Ed è proprio qui che Luca ha vissuto una delle sue avventure più belle, tra le mandrie di bufali e numerosissimi waterbuck, reedbuck, facoceri e bushpig.
Prenditi qualche minuto per immergerti nella bellezza del Mozambico. Leggi il racconto di Luca e la sua esperienza venatoria nel delta del fiume Zambesi!
Un lieve fruscio di canne e un lento sciabordare d’acque: la voce del delta. L’erba bagnata si piega sotto le calzature leggere e viene sommersa da pochi centimetri d’acqua. E mentre continua l’avvicinamento, a schiena bassa, l’acqua diventa sempre più profonda e appena al di là del fitto intrico di steli, le gobbe scure dei bufali fanno, ancora una volta, sussultare il cuore di noi vecchi cacciatori.
Il campo è delizioso, situato com’è in un boschetto a circa un’ora e mezza dal delta e la sveglia alle quattro del mattino non è poi così pesante, visto che alle nove di sera, di solito, si è già a letto dopo aver sorseggiato un drink davanti al fuoco. Il tragitto fino alle piane acquitrinose è lungo ma affascinante: si susseguono boschi, più o meno fitti, e prati verdi e piane letteralmente infestate da facoceri.
Si scorgono branchi di bellissime sable e magnifici nyala dal manto striato con trofei eccezionali; reedbuck, Lichtestein hartebeest dal manto dorato e addirittura alcuni bushpig sorpresi allo scoperto: un vero paradiso terrestre.
Arrivati nello scenario del delta, cambiamo gli scarponcini con leggere scarpe di tela: sarà nell’acqua che dovremo camminare. Ora le otto ruote del veicolo fanno schizzare fango ovunque, piegano papiri e canneti e a volte si abbandonano, come piccoli velieri, alle acque più profonde. Uno dei tracker, a circa un miglio e mezzo intravede un branchetto di aironi guardabuoi che si alzano e si abbassano dietro un macchione di papiri: forse ci sono i bufali.
Coura, il nostro P.H., decide di tentare un avvicinamento per vedere di cosa si tratta e, percorso circa un chilometro tra sobbalzi nel fango, fermiamo il mezzo a una certa distanza dal canneto.
Cominciamo, piè nell’acqua, ad avvicinarci e, giunti ai papiri, l’acqua è ormai alle cosce. Spostiamo con cura gli steli e le canne e, nel prato umido oltre il nostro riparo, scopriamo una cinquantina di cafri sdraiati a godersi i primi raggi del sole. Valutiamo uno per uno i maschi e ne intravediamo almeno tre buoni, tutti, in quel momento, semicoperti da altri.
Ecco che comincia l’attesa, nella speranza che almeno uno dei trofei si scopra. Dopo poco, finalmente il bufalo più interessante si alza e comincia a camminare verso la destra del branco. Sono momenti di grande emozione per noi.
Non appena il cafro è totalmente libero, il boato scuote l’aria e l’animale accusa vistosamente. Il resto del branco in pochi secondi si dilegua, fermandosi, però, a un centinaio di metri nell’attesa di essere seguiti dal possente maschio che, per contro, si accascia nell’erba.
Gli animali tornano indietro, come a richiamare il compagno. Il bel bufalo si rialza ma dopo pochi passi crolla di nuovo: il colpo è stato perfetto. La tensione scema e, dopo le strette di mano, si esce allo scoperto per vedere da vicino il trofeo. Il cielo sereno, totalmente sgombro sino a pochi istanti prima, si riempie di macchie scure che di secondo in secondo divengono sempre più grandi: gli avvoltoi hanno realizzato che oggi ci sarà da mangiare.
È stata una splendida esperienza, quella nel delta dello Zambesi, nella provincia di Sofala. Magnifica per la caccia ma anche per l’attenzione con cui tutto viene seguito. Vi è la truppa antipoaching che controlla il territorio tenendo a bada i bracconieri e, soprattutto, monitorando i 24 leoni rilasciati qui alcuni anni fa, che hanno attirato altri consimili da aree più remote. Buona parte della selvaggina cacciata viene distribuita ai loro abitanti e un’altra parte viene venduta e, con il ricavato, si acquistano beni di prima necessità per le popolazioni locali.
Il piccolo aereo che ci riporta a Beira sorvola parte del delta proiettando la sua ombra a croce sui canneti, sulle schiene fangose dei bufali e sugli animali selvaggi quasi a benedirne la presenza. Nelle orecchie il bisbigliare dei papiri e sul viso ancora la carezza del vento che ha cancellato l’ansia di noi naviganti delle paludi, quell’ansia che i marinai sentono quando manca la brezza.”
Cos’altro aggiungere? Chi ama la caccia a questo bovide non può non provare il fascino dell’avvicinamento sui prati bagnati del delta dello Zambesi.
Se l’esperienza di Luca ti ha incuriosito, contattaci!

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