La caccia e gli Windsor: una passione regale tra tradizione, natura e protocollo

La famiglia reale britannica ha sempre avuto un legame profondo e radicato con la caccia. Non si tratta soltanto di un passatempo nobiliare, ma di una vera e propria componente culturale e identitaria della monarchia inglese.
Dalle antiche battute a cavallo con le mute di segugi alle moderne uscite di stalking nelle Highlands, i Windsor hanno saputo mantenere viva una tradizione millenaria, adattandola ai tempi e celebrandola come rito familiare e istituzionale.
La caccia come tradizione reale
Fin dai tempi dei monarchi normanni, la caccia ha rappresentato in Inghilterra un simbolo di potere, dominio territoriale e connessione con la terra. Per la famiglia reale, la pratica venatoria non è mai stata solo un’espressione di status, ma anche un modo per coltivare virtù ritenute fondamentali per un sovrano: pazienza, concentrazione, autocontrollo e amore per la natura.
I Windsor hanno ereditato e custodito questo patrimonio con rigore e passione. Ogni generazione ha avuto i suoi protagonisti venatori, ciascuno con luoghi del cuore, rituali, tecniche preferite e aneddoti curiosi.
Re Giorgio V e il “tiro perfetto”
Giorgio V, nonno di Elisabetta II, era celebre per la sua abilità nel tiro. Durante le classiche “shooting parties” che si tenevano nelle tenute reali come Sandringham e Balmoral, era noto per la sua precisione quasi infallibile. Raramente mancava un colpo, e si racconta che gli addetti al conteggio delle prede lo tenessero sotto stretta osservazione per non farsi cogliere impreparati da una giornata particolarmente fruttuosa.
Era anche molto rigido sull’etichetta della caccia: ogni partecipante doveva rispettare le regole con esattezza, e le armi dovevano essere impeccabilmente curate. Per lui, la caccia era sinonimo di disciplina.
Re Edoardo VIII e la caccia in Africa
Prima di abdicare per amore, Edoardo VIII fu un appassionato cacciatore d’Africa. Partecipò a safari e battute nel continente nero, documentando molte delle sue esperienze in diari privati e fotografie. Amava l’esotismo e l’avventura, e vedeva nella caccia grossa un modo per confrontarsi con l’ignoto. Tuttavia, fu anche criticato per la sua predilezione per trofei imponenti, più che per l’aspetto contemplativo o conservazionista dell’attività.
Il Principe Filippo: l’uomo dei boschi
Il Principe Filippo, Duca di Edimburgo e marito della Regina Elisabetta II, è stato uno dei Windsor più legati alla caccia. Stalker esperto, amava la caccia al cervo nelle Highlands scozzesi, soprattutto a Balmoral, dove trascorreva lunghe giornate all’inseguimento dei maschi in bramito.
Si dice che preferisse muoversi in silenzio con pochi accompagnatori, con passo sicuro e occhio esperto. Il suo rispetto per l’ambiente era profondo: non amava le battute eccessive, prediligeva la selezione del capo, e si interessava attivamente alla gestione faunistica.
Un aneddoto curioso lo vede protagonista a Sandringham: pare che, durante una battuta, abbia corretto un ospite che aveva sparato a un capo non autorizzato, ricordandogli con fermezza che “la tradizione va rispettata, sempre”.
La Regina Elisabetta II: osservatrice e padrona di casa
Pur non essendo cacciatrice attiva, Sua Maestà la Regina Elisabetta II ha sempre sostenuto e presieduto con orgoglio le attività venatorie della famiglia. A Sandringham e Balmoral, era solita accompagnare i cacciatori durante i momenti di pausa, assistere alle partenze e rientri delle battute, e ricevere con puntualità il report della giornata.
Amava molto i cani da caccia, soprattutto i suoi famosi Corgi e i Labrador da lavoro allevati per le attività in tenuta. A Sandringham, seguiva con passione la gestione delle popolazioni di fagiani, pernici e lepri, garantendo che tutto si svolgesse secondo tradizione e con massimo rispetto per la fauna.
Era nota per la sua memoria fotografica: ricordava i luoghi di ogni avvistamento di selvaggina, sapeva distinguere i cani e le armi dei membri dello staff, e non esitava a dare suggerimenti operativi ai responsabili delle riserve.
Carlo III e la sensibilità moderna
Re Carlo III, noto per il suo impegno ambientalista, ha sempre avuto un approccio più riflessivo e sostenibile alla caccia. È appassionato di fly fishing e di stalking al cervo, ma si è anche distinto per il suo interesse nella conservazione della biodiversità e nella protezione delle specie autoctone.
Durante il suo periodo come Principe del Galles, ha promosso una gestione attiva delle tenute reali per favorire l’equilibrio tra fauna selvatica, agricoltura e habitat. A Highgrove, la sua residenza privata, ha implementato pratiche di agricoltura rigenerativa e creato zone faunistiche protette.
Pur mantenendo viva la tradizione venatoria, Carlo ha saputo reinterpretarla alla luce delle sfide ambientali contemporanee.
Le grandi tenute di caccia dei Windsor
Sandringham Estate (Norfolk)
Tenuta privata della famiglia reale dal 1862, Sandringham è una delle più importanti riserve di caccia del Regno Unito. Si estende su oltre 8.000 ettari di boschi, campi e brughiere, ed è celebre per le battute ai fagiani e alle pernici. La tenuta ospita ogni anno shooting parties a cui partecipano membri della famiglia, amici aristocratici, capi di stato e ospiti internazionali.
Qui si pratica una caccia organizzata con uno stile impeccabile, che unisce precisione britannica e spirito sportivo. I battitori e i cani lavorano in perfetta sincronia per alzare i capi, mentre i fucili sono disposti in linea e seguono uno schema codificato da secoli.
Una curiosità: si racconta che Winston Churchill fosse ospite regolare a Sandringham, e che una volta si sia cimentato in una giornata di caccia nonostante la forte nebbia, sbagliando bersaglio e colpendo un copricapo lasciato su un cespuglio da un attendente.
Balmoral Castle (Scozia)
Acquistata dalla Regina Vittoria nel 1852, Balmoral è considerata la “casa della caccia reale”. Situata nelle Highlands scozzesi, offre un paesaggio spettacolare fatto di vallate, brughiere e fiumi cristallini. Qui si pratica soprattutto lo stalking al cervo rosso, attività che richiede abilità, pazienza e profonda conoscenza del territorio.
La tenuta copre oltre 20.000 ettari e ospita anche galli cedroni, lepri di montagna, e uccelli di passo. Le uscite avvengono all’alba o al tramonto, in silenzio, percorrendo sentieri tortuosi e boschi antichi. Le guide locali, spesso in servizio da generazioni, accompagnano i reali e li aiutano nella selezione del capo.
Una leggenda narra che la Regina Vittoria, durante un soggiorno a Balmoral, rimase così colpita dalla grazia di un giovane cervo in bramito da chiedere che non venisse mai più disturbato. Il cervo, soprannominato “Alba”, divenne simbolo spirituale della tenuta e ispirò racconti popolari locali.
Windsor Great Park
Storica area verde a ovest di Londra, Windsor Great Park era in origine una riserva di caccia reale. Copre più di 2.000 ettari e conserva ancora oggi alcuni dei suoi tratti originari: viali monumentali, boschi secolari, radure e specchi d’acqua. In passato era utilizzata per la caccia alla volpe, al cervo e alla lepre.
Sebbene oggi sia in parte parco pubblico, restano riservate alcune zone per eventi privati e attività legate alla gestione ambientale. Tra i boschi, si racconta che ancora si aggirino i discendenti dei cervi originari voluti da Enrico VIII, selezionati per la loro imponenza.
Tenuta di Glen Muick (Scozia)
Meno conosciuta al grande pubblico, ma cara alla Regina Elisabetta II, Glen Muick è una tenuta scozzese adiacente a Balmoral, utilizzata per la caccia e la pesca. Si estende in una valle isolata e selvaggia, frequentata da caprioli, cervi, e numerose specie di uccelli migratori.
Lo chalet della Regina, chiamato “Glas-allt-Shiel”, era il suo rifugio preferito nei momenti di maggiore introspezione. Qui, lontano dal cerimoniale di corte, Elisabetta si dedicava alla lettura, alle passeggiate e all’osservazione degli animali. Si dice che fosse solita annotare sul suo diario personale gli avvistamenti quotidiani.
La caccia come identità culturale
La passione venatoria dei Windsor non è solo una questione di passatempo aristocratico. È un elemento della loro identità culturale, del loro radicamento al territorio, della loro visione del mondo rurale. Ogni riserva, ogni gesto, ogni cerimoniale racconta una storia di equilibrio, rispetto e responsabilità.
In un’epoca in cui la caccia è spesso oggetto di dibattito, la famiglia reale britannica rappresenta un esempio di come sia possibile mantenere vive le tradizioni con stile, etica e attenzione all’ambiente.
Non è un caso che, ancora oggi, partecipare a una giornata di caccia in una tenuta reale sia considerato un onore, un privilegio e una lezione di sobrietà e stile inglese.
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