Una Giornata di Caccia al Cervo nell’Appennino Modenese: Il Racconto di Mirco

Published On: 3 Luglio 2025
Caccia al Cervo nell'Appennino Modenese

Mirco è un uomo che conosce ogni sentiero, ogni radura e ogni vecchia quercia dell’Appennino Modenese.

Per lui, la caccia al cervo non è semplicemente uno sport o un hobby, ma una vera e propria filosofia di vita, un modo per riconnettersi con ritmi ancestrali che la modernità ha quasi cancellato. Da oltre vent’anni percorre questi boschi, e ogni uscita è una nuova lezione, una storia da raccontare davanti al fuoco. Questa è la cronaca di una delle sue giornate più memorabili, un’esperienza che racchiude tutta l’essenza della caccia: l’attesa, l’emozione, il rispetto e la convivialità finale tra compagni.

L’Appennino Modenese è una terra di rara bellezza, dove la natura si mostra in tutta la sua maestosità. Queste montagne, un tempo parte del Granducato di Modena e Reggio, conservano ancora intatto il fascino di un passato in cui l’uomo viveva in simbiosi con il territorio. Qui, tra faggi secolari e sorgenti cristalline, la caccia al cervo diventa un’esperienza che va oltre il semplice prelievo venatorio, trasformandosi in un dialogo silenzioso con la natura.

La Caccia al Cervo in Italia: Una Sfida Impegnativa

A differenza di altri paesi europei, in Italia la caccia al cervo durante il periodo del bramito – il suggestivo periodo degli amori quando i maschi emettono i loro richiami – è severamente vietata. Questa restrizione rende la caccia al cervo nell’Appennino una delle più difficili in assoluto. Il cervo, già di per sé l’animale più elusivo del bosco, diventa una vera e propria ombra durante il resto dell’anno.

“Conosco cacciatori nordici che quando gli racconto come cacciamo qui da noi non ci credono”, sorride Mirco mentre sistema l’attrezzatura. “Loro hanno il bramito, hanno momenti in cui il cervo è più attivo e prevedibile. Noi dobbiamo studiarne ogni movimento, ogni abitudine, come fossero indizi di un giallo.”

 

Caccia al Cervo in Italia

Questa limitazione impone al cacciatore italiano una preparazione meticolosa e una conoscenza profonda del territorio. Bisogna saper interpretare ogni segno: le impronte sulla brina mattutina, i rametti spezzati a una certa altezza, le zone di pascolo preferite nelle diverse stagioni. Per Mirco, questa difficoltà aggiuntiva non è un limite, ma anzi rende la caccia più appassionante, più “vera”.

L’Alba Magica: Il Risveglio del Bosco

Alle 4:30 del mattino, quando la maggior parte delle persone dorme profondamente, Mirco è già in piedi. La notte sta lentamente cedendo il passo all’alba, e il cielo passa dal nero assoluto a delicate sfumature viola e rosa. Questo è il momento che preferisce, quando il bosco si sta svegliando ma il mondo umano sembra ancora lontano.

Appennino Modenese

“Ogni volta è emozionante come la prima”, sussurra mentre controlla per l’ultima volta l’attrezzatura. Il suo equipaggiamento è curato nei minimi dettagli: dall’abbigliamento mimetico agli stivali impermeabili, tutto è studiato per integrarsi perfettamente nell’ambiente.

L’aria è frizzante, carica degli aromi del sottobosco autunnale. Un gufo reale conclude la sua caccia notturna con un ultimo richiamo, mentre i primi merli iniziano il loro concerto mattutino. Mirco respira profondamente, assaporando questi attimi di perfetta solitudine. Sa che presto il bosco si riempirà di vita, e lui dovrà essere pronto.

La Scelta dell’Arma: Precisione e Rispetto

Prima di partire, Mirco dedica qualche minuto alla sua fedele carabina. La scelta del calibro per la caccia al cervo non è mai casuale, ma frutto di anni di esperienza e di conoscenza del territorio.

“Molti pensano che più un’arma è potente e meglio è”, spiega mentre pulisce con cura la canna. “In realtà serve il giusto equilibrio tra potenza, precisione e maneggevolezza. Nelle nostre zone, con boschi fitti ma anche ampi spazi aperti, serve un’arma versatile.”

Benelli Lupo per la caccia al cervo

Ecco i calibri che Mirco considera migliori per la caccia al cervo nell’Appennino:

.308 Winchester: “Il mio primo amore. Affidabile, preciso, con un rinculo contenuto. Perfetto per distanze medie e per chi vuole un’arma maneggevole.”

.30-06 Springfield: “Un classico che non tramonta mai. Più potente del .308, adatto a tutte le situazioni. Il mio compagno per molti anni.”

.300 Winchester Magnum: “Ora la mia scelta principale. Quando sai che potresti avere un tiro lungo, in un terreno aperto, la potenza extra fa la differenza. Ma bisogna saperla gestire.”

7mm Remington Magnum: “Un’ottima alternativa al .300, con una traiettoria ancora più tesa. Per cacciatori esperti.”

Oggi Mirco ha scelto il .300 Winchester Magnum. “C’è una grande radura dove i cervi passano per abbeverarsi. Se dovessi fare un tiro oltre i 200 metri, voglio essere sicuro di avere energia sufficiente per un abbattimento pulito.”

Nel Cuore del Bosco: A Caccia di Ombre

Con passo felpato, Mirco si inoltra nel bosco. Ogni movimento è calcolato, ogni rumore controllato. Le foglie bagnate di rugiada attutiscono i passi, ma bisogna comunque prestare attenzione a ogni ramoscello che potrebbe spezzarsi.

“Guarda qui”, indica con un cenno del capo alcune impronte fresche nel fango. “Un maschio adulto, probabilmente un ottocorno. È passato da qui non più di un’ora fa.” La sua esperienza gli permette di leggere il bosco come un libro aperto. Quel ramo spezzato a un metro e mezzo da terra? Segno del passaggio di un cervo, non di un capriolo. Quelle foglie smosse in quel modo particolare? Indizio di un punto di passaggio abituale.

 

Dopo circa un’ora di cammino, Mirco raggiunge il suo appostamento: un capanno mimetizzato che domina un’ampia radura dove i cervi vengono ad abbeverarsi. “Questo posto l’ho scoperto dopo anni di osservazioni”, sussurra mentre si sistema. “I cervi sono creature d’abitudine, ma bisogna conoscerle davvero bene per anticiparne i movimenti.”

L’Attesa: Il Momento più Importante

L’attesa è la parte più difficile e al tempo stesso più affascinante della caccia. Mirco rimane immobile per ore, ogni senso all’erta, completamente fuso con l’ambiente circostante. Il bosco lentamente si sveglia: uno scoiattolo che fa provviste, un picchio che tamburella su un albero lontano, il fruscio del vento tra le foglie.

Cervo

“Molti pensano che cacciare significhi sparare”, riflette Mirco durante l’attesa. “In realtà, il vero cacciatore passa il 90% del suo tempo a osservare, ad ascoltare, a conoscere. Lo sparo, quando arriva, è solo la conclusione di un lungo processo.”

Verso le 10 del mattino, finalmente arriva il momento tanto atteso. Dal folto della vegetazione emerge una sagoma maestosa: un cervo maschio con un trofeo imponente. Mirco trattiene il respiro mentre l’animale si avvicina con circospezione alla pozza d’acqua.

L’Incontro Fatale: Emozione e Rispetto

Il tempo sembra fermarsi. Mirco alza lentamente il fucile, controlla il vento, calcola la distanza. Il cervo, ignaro, si abbevera con calma. Un attimo di concentrazione assoluta, poi lo sparo rompe il silenzio del bosco.

Non c’è trionfo nell’espressione di Mirco, ma un profondo rispetto. “Ogni volta è un’emozione fortissima, ma anche un momento di riflessione”, dirà più tardi. “Prendere la vita di un animale così nobile non è mai cosa da prendere alla leggera.”

L’approccio al cervo abbattuto è quasi rituale. Mirco si avvicina con rispetto, tocca il collo dell’animale per assicurarsi che non soffra, poi si ferma un momento in silenzio. “Grazie”, sussurra. È un ringraziamento sentito, non una formalità.

Il Ritorno: Condividere l’Esperienza

Il viaggio di ritorno è faticoso – il cervo è un animale imponente – ma Mirco è abituato. Sa che la fatica fa parte del gioco. Arrivato alla macchina, sistema con cura la preda, poi finalmente può rilassarsi.

La vera conclusione della giornata però avviene alla casa di caccia, dove gli amici lo aspettano già. Il fuoco scoppietta nel camino, i bicchieri di vino rosso luccicano nella penombra. Uno a uno, i cacciatori raccontano le loro avventure: c’è chi ha avuto fortuna e chi è tornato a mani vuote, ma tutti condividono la stessa passione.

la serata dopo la caccia

“E allora, Mirco, racconta!”, lo incalzano. E lui, tra un sorso di Lambrusco e un assaggio di salumi fatti in casa, ricostruisce la giornata nei minimi particolari. I più giovani ascoltano affascinati, imparando lezioni che nessun manuale potrebbe mai insegnare.

Sul tavolo, tra una risata e l’altra, iniziano ad apparire i primi piatti di selvaggina. “Quello che rende speciale la caccia non è solo l’azione in sé”, conclude Mirco alzando il bicchiere, “ma tutto quello che c’è prima e dopo. L’attesa, la conoscenza, la fatica, e soprattutto la condivisione con chi capisce davvero questa passione.”

Fuori, il sole sta tramontando sull’Appennino, tingendo i boschi di dorato. Un’altra giornata di caccia è finita, ma domani un’altra alba porterà nuove storie da raccontare. Per uomini come Mirco, questo non è semplicemente uno sport, ma un modo di vivere, un legame indissolubile con la natura e con tradizioni che resistono al passare del tempo.

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